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Italianistica in Svizzera

Posted By Luigi M. Reale On 13/3/2005 @ 5:42 pm In Italianistica, Osservatorio | Comments Disabled

Riproduco un’intervista a Fabrizio Fazioli, giornalista Tsi e presidente di Coscienza Svizzera, ed un articolo di Fabrizio Eggenschwiler che ci inducono a riflettere nuovamente sulla situazione dell’italianistica in Svizzera.

[Leggi anche i [1] precedenti articoli]

Rocco Notarangelo, A Zurigo, come all’estero. A colloquio con Fabrizio Fazioli, «[2] Cooperazione», num. 08, 16 febbraio 2005, [3] versione PDF ([4] http://www.cooperazione.ch)

Il dibattito promosso da Coscienza Svizzera sullo stato agonico dell’italiano nella Confederazione continuerà anche Oltralpe?

Fabrizio Fazioli: Sí. In questa prima fase abbiamo verificato il grado di adesione nella Svizzera italiana alla difesa della terza lingua nazionale. L’intenzione è ora quella di fare la stessa cosa in altre città: saremo in primavera probabilmente a Coira, poi a Zurigo e a Neuchâtel. Poi si vedrà….

La terza Svizzera non dovrebbe farsi un mea culpa? Chiusa nel proprio territorio, sembra disinteressata a ciò che avviene nel resto del paese…

Fabrizio Fazioli: È proprio questo il modello svizzero, fondato sul principio della territorialità. Ciò ha consentito all’italiano di sopravvivere e consolidarsi nella Svizzera italiana. Ma quanto alla reciproca comprensione fra le lingue e le culture c’è ancora molto da fare. Per dirla in altro modo, quello svizzero è un federalismo distributivo, fatto di sussidi, di chiavi di riparto, ma non un federalismo integrativo.

La lingua egemone nella Confederazione è il tedesco. Eppure la scuola ticinese continua a privilegiare il francese. Non è ora di cambiare?

Fabrizio Fazioli: È vero. Per difendere la lingua di una minoranza non c’è di meglio che conoscere la lingua della maggioranza. Per la stragrande maggioranza dei ticinesi andare a Berna o a Zurigo è come andare all’estero. La scuola però piú di tanto non può fare. Forse occorrerebbe riprendere e intensificare certi scambi linguistici o soggiorni professionali.

Nella Svizzera tedesca, piú che una lingua nazionale, l’italiano continua a essere l’idioma degli immigrati, dei «tschingeli»…

Fabrizio Fazioli: Bisogna ammetterlo, forse ci si è cullati troppo fra le garanzie linguistiche della territorialità. D’altra parte il modello svizzero non consente molto altro. Si prenda la Rtsi: è un’emittente nazionale che diffonde in tutta la Svizzera al pari della Drs o della Tsr. Ma in realtà non c’è vero scambio fra le rispettive lingue e culture. Non c’è ascolto reciproco fra le emittenti, ognuno produce e diffonde per il proprio pubblico e nella propria lingua. Immaginarsi altro è illusorio.

Nei licei svizzeri tedeschi e romandi l’inglese è la seconda lingua straniera. Il quadrilinguismo elvetico è buono solo per le traduzioni e l’attività alberghiera, come ha ironizzato Hugo Loetscher?

Fabrizio Fazioli: Qui le battute abbondano. Si dice che nell’amministrazione federale gli italofoni sono oramai solo traduttori o guardie di confine. No. Credo che il plurilinguismo elvetico sia quantomai necessario, nel bel mezzo di un’Europa che si scopre tra l’altro plurilingue, proprio sul modello di quello elvetico. In un paese piccolo come la Svizzera credo che le minoranze siano funzionali e utili alla stessa maggioranza.

Coscienza Svizzera prevede di lanciare un’iniziativa popolare sulle lingue nelle scuole dell’obbligo…

Fabrizio Fazioli: Tutto dipenderà dalla ripresa o meno della legge federale sulle lingue. L’iniziativa riprende alcuni concetti già avanzati anche in Parlamento, come l’iniziativa del consigliere nazionale Berberat, secondo il quale nella scuola dell’obbligo deve essere insegnata una seconda lingua nazionale. Questo credo sia un minimo da pretendere.

Sulla soppressione della cattedra di italiano al Politecnico di Zurigo e a Neuchâtel, l’argomento dei rettori è soprattutto di tipo economico. Qual è la sua opinione?

Fabrizio Fazioli: Purtroppo le lingue sono sempre piú ridotte al solo ruolo comunicativo e al loro valore economico o commerciale. Si dimentica il retroterra culturale che esse veicolano. Persino l’inglese, che crede di sostituire tutte le altre lingue, non è altro che uno strumento per la sola comunicazione, una sorta di marmellata globale, buona per l’«internettizzazione» della società, ma che poco ha a che fare con la lingua e la cultura inglesi.

Come giudica l’ipotesi di creare una cattedra di italianistica nell’Università della Svizzera italiana?

Fabrizio Fazioli: Sarebbe una giustificazione in piú per abolire tutte le altre in Svizzera. Non credo che una cattedra d’italiano, completamente isolata da altre discipline umanistiche, possa servire alla causa. Sarebbe un’autogoal. A meno che l’Usi decida di introdurre fra le sue falcoltà anche le lettere, ma come offerta piú ampia e piú completa.

Le recenti dimissioni del vicecancelliere Casanova hanno evidenziato il deficit di rappresentanza degli svizzeri italiani tra i quadri della Confederazione. Perché?

Fabrizio Fazioli: È vero, rispetto ai decenni scorsi la Svizzera italiana sembra isolarsi maggiormente dal resto della Svizzera. Si tratta di una questione linguistica? Difficile dire. Fra le prerogative di un’italofono a Berna c’è quella di conoscere non solo il tedesco ma anche lo «Schwytzerdütsch», che sta diventando la prima lingua nazionale. Un tempo i figli di molte famiglie benestanti frequentavano i collegi della Svizzera interna. Oggi questo avviene molto meno. E ciò si nota.

Fabrizio Eggenschwiler, Una cattedra d’italiano all’Usi, «la Regione Ticino», 02 febbraio 2005

Il tema dell’insegnamento e della tutela della lingua italiana in Svizzera è di scottante attualità, di fronte alla prospettiva della chiusura di cattedre universitarie e dell’eliminazione dell’italiano dai programmi scolastici d’oltre Gottardo. Il Ticino, unitamente alle valli grigionesi italofone, può sentirsi abbandonato a se stesso dai cantoni germanofoni e francofoni. Se poi si pensa al numero di persone di origine italiana, in particolare ai figli e nipoti degli immigrati italiani, l’eliminazione dell’italiano dalle scuole può apparire ulteriormente sconcertante.

Si è sottolineato che non è in gioco soltanto la lingua italiana, ma anche il federalismo, visto che l’italiano è la lingua, “ nazionale” ed “ ufficiale” di una regione della Svizzera. Come ricordava il consigliere di Stato Gabriele Gendotti, “ il problema è far capire a tutti che il problema dell’italiano non concerne solo la Svizzera italiana, ma la natura del nostro federalismo ”. Si inseriscono in questo contesto anche le lamentele espresse dal consigliere di Stato grigionese Claudio Lardi riguardo al presunto strapotere del Ticino nei confronti delle regioni minoritarie di “ un’ipotetica Svizzera italiana ”. Quando nell’edificio federale si incrina il sentimento di solidarietà e di fiducia, anche all’interno delle minoranze si riproducono le tensioni tra entità maggioritarie e minoritarie.

In effetti, il nocciolo del problema sta nella crisi del federalismo tradizionale elvetico.

L’atteggiamento nei confronti dell’italiano esprime la tendenza a trascurare l’impegno a ripartire e ridistribuire le risorse tra le varie aree linguistico- culturali della Svizzera, tenendo particolarmente conto delle minoranze. È in crisi un federalismo che potrebbe essere definito “ nazionale”, in quanto si preoccupa della coesione nazionale e, a tale scopo, garantisce una particolare tutela alle minoranze. Questa crisi può essere collegata in senso lato all’avanzare della globalizzazione, la quale, mettendo in discussione in linea generale il concetto di nazione, produce i suoi effetti anche sul piano linguistico e culturale, imponendo il dominio dell’inglese come lingua universale. Il riaffermarsi del localismo Corollario della globalizzazione è d’altra parte il riaffermarsi del localismo, nei suoi aspetti positivi (valorizzazione delle tradizioni e delle risorse locali) e negativi (chiusura rispetto alla più ampia realtà nazionale).

In tale contesto, nella Svizzera tedesca lo “ schwyzerdutsch”, da sempre mezzo esclusivo di comunicazione privata, si è affermato in questi ultimi anni anche come lingua di comunicazione pubblica, in particolare in televisione.

In questo quadro, pensando alla Svizzera nel suo insieme, si può supporre che, ai fini della salvaguardia della coesione nazionale, sia considerata esigenza prioritaria non tanto la tutela dell’italiano, che (togliendo gli immigrati) rappresenta il 5% della popolazione svizzera, quanto il contenimento del “ Röstigraben” linguistico- culturale tra svizzero tedeschi e romandi. Tra le due sponde della Sarine infatti la comprensione è sempre più scarsa, al punto che a volte si rende indispensabile ricorrere all’inglese. Può essere dunque comprensibile, anche se non giustificabile, che oltre Gottardo si cerchi di salvare in primo luogo l’insegnamento reciproco delle due lingue maggioritarie, dimenticando il federalismo e i principi costituzionali, e con essi l’italiano. La costituzione federale A proposito dei principi costituzionali, va ricordato che l’articolo 70 della Costituzione federale dispone che “ la Confederazione e i Cantoni promuovono la comprensione e gli scambi tra le comunità linguistiche ”.

D’altra parte, il medesimo articolo prevede anche che “ la Confederazione sostiene i provvedimenti dei Cantoni dei Grigioni e del Ticino volti a conservare e promuovere le lingue romancia e italiana ”. Questa seconda disposizione prevede dunque il sostegno federale al “ fai da te” delle regioni linguistiche minoritarie a tutela della propria lingua.

Ora, guardando le cose da questo punto di vista, ci si può chiedere se il Ticino non possa assumere in proprio, con il sostegno anche finanziario della Confederazione (vedi articolo 70 della Costituzione), la tutela della lingua italiana.

Evidentemente, non è possibile metter mano ai sistemi scolastici dei Cantoni d’oltre Gottardo per mantenere o reintrodurre l’insegnamento dell’italiano nelle scuole. La stessa ipotetica iniziativa popolare sulla questione delle lingue prevede soltanto l’obbligo della priorità dell’insegnamento di una seconda lingua nazionale rispetto all’inglese (ciò che significherebbe, oltre Gottardo, francese o tedesco); riguardo alla terza lingua nazionale (l’italiano) ci si limita a chiedere che la Confederazione ne favorisca e sostenga l’insegnamento ( presumibilmente senza obbligo di priorità sull’inglese). La situazione non sarebbe molto diversa da quella attuale, in cui soltanto in Ticino ci si trova a doversi barcamenare tra entrambe le altre due lingue nazionali e ufficiali e l’inglese. Una cattedra in Ticino Più semplice, almeno sulla carta, potrebbe essere la creazione di un’istituzione universitaria di lingua e letteratura italiane in Ticino. Oggi il Ticino è un Cantone universitario e ampliare il ventaglio dei settori d’insegnamento è sicuramente più agevole che creare da zero una struttura universitaria.

Finora le iniziative universitarie in Ticino hanno riguardato campi in cui i titoli di studio dovrebbero essere direttamente spendibili sul mercato del lavoro dell’economia privata.

Forse è giunto il momento di prendere in considerazione il fatto che l’Università non ha soltanto il compito di produrre forza lavoro qualificata, ma anche quello di tutelare e promuovere il patrimonio culturale e linguistico in quanto tale.

Certamente, creare una cattedra d’italiano isolata non basta per offrire agli studenti un percorso formativo completo nel quadro di una facoltà di lettere. Tuttavia, l’importante sarebbe compiere un primo passo, studiando attentamente la formula più adeguata a tale scopo, lasciando al tempo il compito di sviluppare il seme iniziale.

Forse è un po’ eccessivo definire “ immane” lo sforzo che dovrebbe fare il Ticino per avere una struttura universitaria per l’italiano ( vedi intervista del prof. Alessandro Martini dell’Università di Friburgo su laRegione del 2 febbraio).

Le biblioteche ci sono, anche se dovrebbero essere probabilmente arricchite nella materia specifica. Quanto al rischio di “ cantonalizzare la cultura italiana in Svizzera e quindi indebolire il legame federale ”, si tratta, come si è visto, di una tendenza già in atto: una realtà universitaria di italianistica in Ticino non l’aggraverebbe e potrebbe al contrario rappresentare, oltre ad un arricchimento “ locale”, anche un’apertura culturale di respiro nazionale ed internazionale.

Un istituto universitario di italianistica potrebbe anche rappresentare, per gli studenti delle facoltà già esistenti, un’offerta di formazione culturale complementare, eventualmente integrabile come materia opzionale nel curriculum di studi.

Potrebbero inoltre nascere sinergie con altre università svizzere ed estere nell’ambito delle facoltà letterarie, nel senso che i corsi e gli esami in Ticino potrebbero essere inseriti in un percorso formativo coordinato con altre università.


Riferimenti in Rete

Associazione Scrittori di Lingua Italiana in Svizzera (ASIS)
[5] http://www.asis-scrittori.ch
Osservatorio Linguistico della Svizzera Italiana - Divisione della cultura e degli studi universitari (Bellinzona)
[6] http://www.ti.ch/decs/dc/olsi/
Vedi Bruno Moretti in SAGW - Schweizerische Akademie für Geistes- und Sozialwissenschaften, Publikationen, Bulletin, 2/2002 - Projets linguistiques au Tessin, [7] Bulletin: 2/2002
Centro di Dialettologia e di Etnografia del Canton Ticino
[8] http://www.ti.ch/decs/dc/cde/
Promuove due progetti di rilievo: il Lessico Dialettale della Svizzera italiana (LSI) e il Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana (VSI)
Il lessico italiano in Svizzera (a cura di Ettore Vitale - 1998)
[9] http://crcsoft.com/lessico/
Italiano in Svizzera, agonia di un modello vincente?
[10] http://www.coscienzasvizzera.ch/serateitaliano.html
Dibattito promosso e organizzato da Coscienza Svizzera - Gruppo di studio e di formazione per la Svizzera italiana

Riferimenti bibliografici

  • L’italianità in Svizzera : atti del convegno di Lugano, Biblioteca Cantonale, 17 maggio 2003, Vezia, Ed. Cenobio, 2004
  • Gli italiani in Svizzera. Un secolo di emigrazione, a cura di E. Halter, Bellinzona, Casagrande, 2004.

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[2] Cooperazione: http://www.cooperazione.ch/index.cfm?%C2%ABA%20Zurigo%2C%20come%20all'estero%C2%BB&pub=1&i
d=14855

[3] versione PDF: http://www.cooperazione.ch/pdfdata/co/200508i/0508CO60_073.pdf
[4] http://www.cooperazione.ch: http://www.cooperazione.ch/
[5] http://www.asis-scrittori.ch: http://www.asis-scrittori.ch/
[6] http://www.ti.ch/decs/dc/olsi/: http://www.ti.ch/decs/dc/olsi/
[7] Bulletin: 2/2002: http://www.sagw.ch/dt/index.asp?seite=bulletin_detail.asp&pag=Publikationen&id=19&bid
=19&

[8] http://www.ti.ch/decs/dc/cde/: http://www.ti.ch/decs/dc/cde/
[9] http://crcsoft.com/lessico/: http://crcsoft.com/lessico/
[10] http://www.coscienzasvizzera.ch/serateitaliano.html: http://www.coscienzasvizzera.ch/serateitaliano.html

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