Italianista: chi era costui? Un preludio a Internet. Parola di Bruno Migliorini

Italianista di Bruno Migliorini (1956)
[da Profili di parole, Firenze, Le Monnier, 1968, pp. 112-114 (Bibliotechina del Saggiatore; 27)]

Tra gli effetti dei congressi ce ne sono alcuni secondari, che restano al margine o al di fuori delle intenzioni degli organizzatori: come quando servono a diffondere una moda gastronomica o a combinare un matrimonio…. Qualche volta essi contribuiscono anche a lanciare o a consolidare la fortuna di una parola: un recente congresso di dietetica, attraverso gli echi suscitati dai resoconti della stampa e della radio, ha fatto largamente conoscere il nome di una nuova professione, quella dei dietisti: e la parola ci sembra ormai consolidata di fronte alle altre due che dapprincipio le facevano concorrenza, dietetisti e dietologi. Così, il secondo congresso dell’Associazione internazionale per gli studi di lingua e letteratura italiana [1956, n.d.r.] ha certo contribuito, attraverso l’uso che ne hanno fatto i partecipanti e i resoconti che sono stati dati del convegno, a diffondere il termine di italianista, coniato quindici o vent’anni prima, ma poi poco adoperato.

Fino a pochi anni fa gli studiosi italiani e quelli stranieri della lingua e della letteratura italiana avevano numerosi contatti, ma solo individuali: l’eccellente idea di rendere più intensi e periodici questi contatti ha giovato e gioverà a fecondare gli studi attraverso un migliore scambio d’informazioni.

Ora, mentre in Italia gli studi italiani erano così largamente coltivati che non si sentiva bisogno di un nome speciale per designare i loro cultori, questa necessità fu sentita in Francia quando vi si ebbe una florida generazione di italianisants : un Hauvette, un de Nolhac, un Hazard, per citar solo alcuni fra gli scomparsi più illustri.

Anche da noi si echeggiò talvolta questo nome, parlando, specialmente a proposito di studiosi di altri Paesi, di italianisants o di italianizzanti. È ovvia l’osservazione che il termine implica in francese una nota di simpatia: l’italianisant è propriamente « chi è incline alle cose italiane » prima ancora che un «cultore di studi italiani». Ma l’usare tal quale il termine francese non sembra affatto opportuno, e l’adattamento italiano è infelice per vari rispetti: soprattutto perché, contrariamente all’uso antico, i verbi che terminano in -izzare sono ormai quasi sempre transitivi.

S’imponeva dunque, parallelamente ai nomi tradizionali di latinista e di grecista e a quelli più recenti di anglista, slavista e simili, quello di italianista.

Certo, il suffisso -ista ha molti, forse troppi significati: serve a indicare la professione (dentista, giornalista), una particolare abilità (violinista, ciclista), l’adesione a un movimento religioso, politico, letterario, ecc. (calvinista, socialista, marinista, realista), la semplice appartenenza a un’età (cinquecentista): ma una delle sue funzioni più antiche, fin da quando le università erano bipartite fra i legisti e gli artisti, è proprio quella di indicare la particolare competenza in una certa dottrina, come quando si parla di economisti o di linguisti. Il suffisso era così tipicamente «universitario» che gli studenti e poi gli abitanti di Lovanio furono chiamati e ancora si chiamano in francese louvanistes.

Certo, la molteplicità di significati che si può riscontrare sia nel suffisso che nella parola base può dar luogo a discordanze e a incertezze: un petrarchista è un «imitatore del Petrarca», mentre un dantista è uno «studioso di Dante», e romanista significa troppe cose: «cultore di diritto romano», «cultore di filologia neolatina», «affezionato alla città di Roma e alle sue memorie» (si ricordi la Strenna dei romanisti), e come quarto significato (almeno per ora!) «tifoso della società sportiva Roma».

L’altra terminazione che può aver lo stesso significato, l’elemento compositivo greco -logo, che si ha per esempio in archeologo, glottologo o sinologo ( «studioso di cose cinesi») è un po’ in regresso: quando anche il primo elemento della parola è greco, esso va benissimo, meno bene se è di altra origine. E oggi si preferisce linguista a glottologo, indianista a indologo e così via.

Italianista insomma non presenta inconvenienti di carattere funzionale; e ci sembra si applichi non meno opportunamente agli studiosi nazionali che a quelli stranieri i quali si dedicano alla lingua e alla letteratura italiana. Che il Tiraboschi o il Carducci non sentissero il bisogno di applicare a sé stessi questo termine non ci sembra costituisca un’obiezione a che l’adoperiamo noi, che appunto per questi contatti internazionali ne sentiamo maggior bisogno.

Se mai, qualcuno potrebbe obiettare: e perché non applicare questo termine agli studiosi di storia italiana o agli studiosi di storia del diritto italiano? Ma si può rispondere che gli « studi italiani» per eccellenza sono gli studi di lingua e letteratura italiana. E poi c’è un altro principio, che gli scienziati hanno codificato per alcune discipline, come la zoologia e la botanica, ma che anche senza speciale codificazione ha una sua validità nella lingua: come i primi occupanti di un suolo vergine anche quelli che legano un dato significato a una parola nuova hanno un certo diritto di priorità.


Questo articolo si può citare nel seguente modo:
Luigi M. Reale, Italianista: chi era costui? Un preludio a Internet. Parola di Bruno Migliorini, in «Italianistica Online», 10 Gennaio 2004, http://www.italianisticaonline.it/2004/def-migliorini/

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