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Per Mauro Mori (1)

Posted By Luigi M. Reale On 25/12/2002 @ 12:00 am In Letture, Angolo della memoria | Comments Disabled

Luigi M. Reale - Postilla a Mauro Mori, Nati in guerra. Racconti di/versi
(Udine, Campanotto, 1997, pp. 115-16)

Mauro Mori non intrattiene con la poesia un rapporto narcisistico: non se ne compiace, ne intende mostrare quanto sia (com’è) abile nel ‘mestiere’. Scrive in versi per risolvere nei modi della poesia l’urgenza del racconto, per conferire un certo ordine (entro il congegno della sintassi metrica) alle idee e alle cose da dire. Perché appunto si trova a lavorare con del materiale, non a plasmare l’aria.

Si avverte, nella salda adesione ai fatti e agli oggetti («il dialogo coi fatti e cogli oggetti / dei miei genitori facitori»), la formazione e la posizione culturale dell’autore: la consistenza fisica del suo dettato dipende dal fiero retroterra originario (che non viene mai a restringersi dentro il perimetro etnico).

Considerando il testo poetico come tramite di comunicazione effettiva, non esercizio letterario (o terapia intellettuale), Mori ripristina l’efficacia del ‘dire in versi’, alternativa funzionale al ‘dire in prosa’ (discorso continuo, s’intenda sempre, non parlare singultante). Da questa istanza, del comporre e non del disgregare, l’autore deriva il senso più autentico del ‘racconto ‘. quello che «slarga i muri del tempo» (così in un sonetto - il trentaduesimo - della Traversata d’un giorno (1990), dedicato all’amico Romano Bilenchi).

Anche quando mette in gioco i meccanismi formali dell’ espressione letteraria (il che si verifica nelle Onde del tempo, penultimo in data), l’operazione non è tecnica - tale, cioè, da venire di necessità riassorbita nel presupposto teorico -, ma sostenuta dal dialogo-complicità con chi legge e ascolta. Ciò significa che il poeta non parla a se stesso, o in assoluto (da oracolo). A corroborare la sostanza del dettato stanno almeno due costanti di fondo: il tema del viaggio, metafora archetipico d’ogni esperienza; il tema della memoria («una sacca mezza piena / e mezza vuota di fantasia e di storia»), da cui dipende il senso della vita. E c’è il reagente dell’ironia, una sorridente saggezza, che scioglie l’ansia, dirada le nebbie.

Perugia, 21 aprile 1997

[Leggi anche [1] Per Mauro Mori (2) e [2] Per Mauro Mori (3)]


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